Le potenzialità del linguaggio possono attuarsi solo e soltanto se l’uomo riesce a stabilire rapporti interpersonali affetivamente soddisfacenti. Per avviare l’uso della lingua parlata è determinante l’apporto degli adulti e del modo in cui si pongono nei confronti del bambino. Quando il bambino vive in un ambiente in cui si parla poco, o si creano continue dispute, quando gli viene negato il diritto di parola e gli si forniscono pochi modelli verbali, vengono a crearsi le condizioni sufficienti perché il linguaggio non si sviluppi. La comunicazione tra bambino molto piccolo e la madre è stata definita da U.Neisser “proto conversazione”. Già tra le sette e le quindici settimane puntano l’attenzione sul viso della madre e reagiscono con sorrisi e borbottii alle sue sollecitazioni. Se la madre interagirà e sosterrà il tentativo di comunicazione toccandolo, sorridendogli e parlandogli dolcemente con voce leggera e rilassata, allora il bambino produrrà suoni. Una “proto conversazione” disarmonica può essere – in futuro, se non riordinata – la responsabile delle disfluenze più o meno gravi del linguaggio. La balbuzie, alla sua comparsa in età infantile, può essere inizialmente giustificata come un atteggiamento di timidezza del bambino o con un ritardo del linguaggio. Un problema grave che colpisce un bambino su 20 tra i 2 e i 4 anni di età e nella maggior parte dei casi non si interviene in modo tempestivo. Il genitore tenderà in moltissimi casi a negare il problema vedendo i miglioramenti dell’eloquio del bambino e giudicando gli “inceppamenti” come occasionali. Il risultato è che attuando una strategia di attesa di guarigione spontanea dal disturbo, soltanto il 20% dei bambini colpiti riacquisterà un eloquio fluente. «Secondo una recente ricerca australiana i futuri balbuzienti hanno sviluppato questa disfunzione già prima dei tre anni di età», afferma il dottor Marco Santilli, specialista di Rieducazione al Linguaggio e di Ricerca Scientifica nel settore della balbuzie. «Questo ci fa capire quanto sia importante intervenire in età prescolare, facendo in modo di accelerare il processo di risoluzione, prima che questo diventi un problema. Quando la balbuzie si manifesta in età precoce non è detto che quei sintomi debbano necessariamente portare a un affermarsi del problema. Una delle possibilità è che rivelino una certa predisposizione che spesso però non è facile cogliere anche perché molti bambini che iniziano a balbettare hanno un ricco vocabolario già a due anni. Allo stesso tempo la ricerca ci dice che non bisogna preoccuparsi se il bambino inizia a balbettare perché è spesso fisiologico intorno ai 2 anni, ma è altrettanto sbagliato pensare che il risultato sia sempre quello di una risoluzione spontanea». Proprio a causa di questa indeterminatezza di partenza che caratterizza la natura della mancanza di fluidità nel linguaggio del bambino, la gestione del problema da parte del genitore diviene ancor più delicata e difficile. In una situazione a impatto emotivo così elevato tanto per il genitore come per il bambino entrano in gioco fattori molteplici come l’educazione impartita, che se molto rigida, rischia di raggelare le reazioni del bambino creando un circolo vizioso. In altri casi sarà invece l’eccesso di protezione a bloccare il bambino. E quando è il genitore stesso ad avere problemi di balbuzie percepisce quella del figlio con senso di colpa. È nell’ambito di queste dinamiche così complesse che errori di comunicazione con il bambino rischiano di comprometterne l’evoluzione dell’eloquio, scatenando l’insorgenza di una balbuzie resistente. «I ricercatori – continua il dottor Santilli – hanno seguito più di 1600 bambini a partire dagli 8 mesi di età. È stato osservato un inizio spesso improvviso che si sviluppa in meno di tre giorni almeno in metà dei casi seguiti. L’insorgenza si è vista essere più frequente tra i bambini di sesso maschile e tra i gemelli ma anche nei casi di educazione severa della madre e nei casi di bambini che, già all’età di due anni, avevano un vocabolario particolarmente ricco. A fronte di questi dati che ci danno una panoramica della balbuzie in età infantile resta la necessità di evitare che il bambino sperimenti sentimenti di ansia rispetto alla sua fluidità di linguaggio». Oggi, un nuovo metodo comportamentale di cura della balbuzie che giunge dall’Australia affida proprio al genitore un ruolo primario, eliminando il senso di inadeguatezza e di incapacità di azione che spesso il genitore del bambino balbuziente si trova a sperimentare. Si chiama metodo LIDCOMBE, prevede che dopo un’adeguata formazione da parte di uno specialista, di uno psicologo e anche di un logopedista siano i genitori stessi a impartire la cura al proprio bambino.
16 Maggio 2023